Ma benessere di chi?

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Stamane ho sentito al telegiornale che tre regioni passano in zona Bianca.

Niente coprifuoco, ma il resto delle regole non cambia. Mascherina, distanziamento sociale, discoteche aperte, ma non si può ballare né, solo consumare… vabbè, non l’ho capita, ma sono vecchia e io in discoteca ci andavo per ballare non per bere.

Faccio ancora confusione con le consumazioni dentro-fuori-seduti-in piedi-sul letto a castello, ma tanto non mi cambia la vita. Da buona sociopatica ad alto funzionamento mi godo le setole cheratinose del mio gatto, e il resto vada per conto suo.

Non è che non mi interessi il fatto che la situazione stia migliorando, che il contagio e le morti diminuiscano. Al contrario, potrò dire ai posteri «c’ero anch’io». È su tutto il resto che sono spettacolarmente ignorante.

Non mi interessa se posso pranzare dentro o fuori. Non mi interessa se posso prendere il caffè al bancone oppure no. Come non mi interessa chi va a letto con chi, il nuovo leader del tal partito o che la terra giri intorno al sole. Anche perché se fossero informazioni importanti non le avrei cancellate. Il mio cervello può conservare solo una certa quantità di informazioni, quindi mi devono essere utili.

Le persone si riempiono la testa con informazioni tipo Ferragnez e il varano tatuato o quanti follower ha l’ultimo fenomeno di TikTok. Non vorrai mica farmi credere di non aver mai letto una bella frase del Dalai Lama (o di chi per esso), sotto una foto in bikini su Instagram?! E averla poi usata nei tuoi discorsi per le due settimane successive appena ne avevi l’occasione? Per sostituirla poi con il trend topic del momento? (privacy, cyberfuffa, PNRR, er bibbitaro, etc.)

Io non ci riesco. Non lo ricordo. Non mi interessa.

Perché non è la fonte del valore della mia vita.

Ci sono persone che in qualche modo sanno per cosa vivono. La famiglia, un sogno, un amore, qualsiasi cosa può rappresentare un motivo di valore. Una ragione.

Personalmente io sono sempre alla ricerca del benessere. Quello stato felice di salute, di forze fisiche e morali, un significato per la vita, una ragione per cui alzarsi la mattina. Pensate che c’era anche nell’esercito italiano l’Ufficio Benessere, quello che si occupava dell’assistenza morale e materiale ai soldati. Se poi ti attacchi a Google, trovi libri sul benessere interiore, esteriore, economico, metafisico, fisico, alimentare, mentale, familiare… e vissero tutti felici e scontenti.

Ed ecco a voi la prolifica produzione di pagine e pagine che ti dicono cosa fare, quando farlo, come farlo, perché farlo. E la tecnica buddista, e l’ikigari, e l’oriente verso l’occidente, Cip contro Ciop e i sette nani che fanno il tifo per la mela perché sono diventati tutti Vegani dopo aver scambiato Biancaneve con Pamela Anderson.

Ussignur …. mi sembra di essere nel discount delle istruzioni per il montaggio dell’IKEA. È come farsi curare da un medico che gode nell’infilarti un sondino nel naso.

Ma possibile che il benessere sia uguale per tutti?

Come è possibile che una filosofia del quotidiano che sottolinea l’importanza delle piccole cose per trarne felicità, sia uguale per me ed un soggetto terzo. Ad esempio una cosa che mi dà benessere è dare ceffoni a due a due (fin quando non diventavano dispari) agli arroganti e ai maleducati. Ma visto che non lo posso fare fisicamente lo scrivo e basta. Il caffè prima di verbalizzare qualsiasi cosa, fosse anche un grugnito. Una doccia calda di prima mattina. Una canzone in un certo momento (tipo mentre scrivo questo articolo).

Il benessere è una ricerca personale.

È un qui e ora che richiede controllo di sé stessi e col giusto livello di stress e responsabilità da ricercare e concretizzare.

Ma quando leggo su LinkedIn lo sdegno di un iscritto per il fatto che un “negozio del centro” non ha permesso al suo cane di accedere al suddetto (e letto i relativi commenti), mi cadono le gonadi.

Posso razionalizzare tutto, comprendere tutto (non accettare tutto, a meno che l’ascia non sia ben affilata), ma siamo arrivati al punto in cui guida l’eccezione e non la regola. E se la regola è il non far entrare il cane in un luogo pubblico, l’eccezione è il fatto che tu pretendi di imporre ad altre persone (che potrebbero non gradire) la presenza del quadrupede scodinzolante.

«Ma è buono e non dà fastidio a nessuno e poi siamo nel 2021 non è possibile ci siano ancora esercenti che non fanno entrare i cani»

E chissenefrega ti rispondo io. E visto che siamo nel 2021 ti ricordo che non vivi da solo con il tuo cane sul globo terracqueo.

Ma una domanda te la voglio fare, caro iscritto a LinkedIn: è questa la fonte del valore della tua vita? È questa la tua ricerca del benessere? Pretendere che gli altri si adeguino ai tuoi desideri proiettati su di un animale beceramente antropomorfizzato?

No dai, non ci credo. Faccio finta di crederci, se vuoi, ma non ci riesco.

Perché il benessere tuo non può e non deve essere a discapito degli altri.

Si dovrebbe pensare più a fare bene che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio. E su questa frase di Alessandro Manzoni, vi lascio alla vostra ricerca.

Io ho il caffè che mi aspetta.

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