Il 2021: 525.600 minuti di attesa

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Fate i calcoli in fretta: 365 giorni, 24 ore al giorno, 60 minuti l’ora.

Totale 525.600 minuti. Ecco quanto è durato il 2021.

Ed è stato peggio dell’incontro tra Dante e Virgilio nel Limbo. Il Limbo è definito da Dante il “primo cerchio che l’abisso cigne“. In effetti, il termine ‘Limbus’ in latino significa “orlo” e nella Divina Commedia equivale ad “orlo dell’Inferno”, una zona non propriamente di pena, ma neppure di beatitudine.

Una zona di sospensione, il cui contrappasso non è fisico, come per gli altri cerchi, ma prettamente psicologico. Una sorta di Rebibbia per gli uomini d’onore, insomma, che avevano avuto la sfortuna di nascere prima dell’avvento del Nazareno.

Vi capitano mai quei giorni? Quella sensazione che ci cade addosso il sesto giorno di una vacanza di nove giorni? Quando si gira per casa con il pigiamo antistupro, la tazza del Nescafé con la tisana al muschio e licheni russi, il cane o il gatto o il coniglio (faina, criceto, tartaruga, metteteci l’animale che preferite) che si piazza sul divano, pronti per la maratona di Squid Games in Coreano con i sottotitoli? Ecco. Quella. Quella maledetta sensazione che non ti lascia.

E ti senti fiacco, svogliato. Sei in attesa. Come un pesce rosso nella boccia.

E sei una fottutissima psicologa. E ti prendi il DSM (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), quello per noi professionisti, e comincia sfogliarlo. Disturbi dell’umore, di personalità, dal borderline all’antisociale, istrionico, narcisistico, dipendente, evitante, disturbi d’ansia, quelli somatoformi, dissociativi, fittizi, di adattamento…. E che palle, a leggere queste cose poi ti sembra di averle tutte.

Ma alla fine lo trovi: disturbo da stress acuto. E sì, cari i miei sorcini (citazione per i non più giovanissimi). Pensavate davvero che due anni di pandemia, apri, chiudi, con il pass si e con il green no, ceni fuori, no stai a casa, ma la spesa, le feste sui tetti ma mi raccomando in casa non più di sei, non avrebbero lasciato segni?

E che ti fa il governo? Fa il bonus per i rubinetti e toglie il Bonus per la salute psicologica. Abbiamo provvedimenti su tutto ma non sulla salute psicologica, considerata un optional, un lusso. Tanto chi vuoi che scenda in piazza a protestare? I pazienti che vanno da uno psicologo, per pudore, non lo farebbero mai.

Penso al fatto che si è persa un’occasione. Che pagheremo cara fra 10 anni. La generazione che ha subito la pandemia, dai 14 ai 20 anni, si porterà dietro cicatrici psicologiche per tanti anni.

E guardiamo anche un altro aspetto tipico della nostra società “democratica”: gli impegni che non impegnano. Bene, oggi è aumentata la resistenza ad assumere e rispettare impegni e obbligazioni. Preferiamo gli impegni che non impegnano, le promesse non vincolanti, revocabili, riformulabili e negoziabili.

È il tema del declinare della coerenza, messo in rilievo da Robert Nozick e più volte ripreso da Remo Bodei. Non ci sentiamo particolarmente legati a impegni precedentemente assunti in quanto il flusso della storia, della nostra storia individuale intrecciata con quella del mondo circostante, modifica tutto, comprese le decisioni passate.

Tutto molto umano si potrebbe pensare, quasi una costante del comportamento e del carattere. In realtà è una posizione che ha modificato nel tempo quello che era il carattere ferreo dell’impegno pattuito, di cui divinità garante era Fides, la fedeltà/fiducia.

Ed è il nucleo di significati che girano intorno all’impegno: patto, promessa, vincolo, obbligazione in prospettiva morale e interrelazionale.

Oggi assistiamo apatici – tranne che per sporadiche chiacchiere da bar sui social – ai cambiamenti di posizione dei politici, esaltiamo l’elogio del perdono nel caso dei peggiori tradimenti amorosi, politici e intellettuali; accettiamo l’idea del condono e magari anche del fatto che i debiti contratti in fondo si possono anche non pagare. Tutto ciò non sarebbe soltanto una caratteristica dei nostri politici quanto il risultato di una tendenza cresciuta nella società moderna, a sottolineare il peso del tempo e delle trasformazioni che esso introduce nell’impegno preso. Che sia esso un semplice appuntamento, un matrimonio o un debito economico.

E di impegno ne ho visto ben poco quest’anno appena passato.

Lo so. Fare la cosa giusta è la scelta più difficile che una persona possa fare.

Ma la vita è come un libro: un brutto capitolo non vuol dire che la storia sia finita.

Quindi, volto pagina.

Ne cominciamo un altro.

E speriamo che la scorta di Prozac non finisca a Gennaio.

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