Perché insegnare ad un vecchio cane nuovi trucchi?

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Abito a Milano, città definita “metropolitana”. Un termine che richiama immaginari collettivi tra i più disparati. Grattacieli, design, moda, finanza. Un insediamento di persone che raccontano con hashtag e “instagrammate” la loro quotidianità. Un luogo dove il qui e ora regna sovrano.

Un luogo dove il cliente di un locale qualsiasi che serve cibo parla così: #breakfast #cibo #cooking #cucina #delicious #delish #dessert #dinner #eat #eating #fashionfood #favorite #food #foodaddict #foodart #foodblog #foodblogger #foodgasm #foodie #foodism #foodlover #foodpic #foodpics #foodporn #foods #foodstyling #fresh #getinmybelly #gnam #homemade #hot #hungry #igersitalia #ilovecooking #ilovefood #instacake #instafood #instagood #instamood #love #lunch #munchies #photooftheday #recipe #sharefood #sogood #stuffed #sweet #tagsta_food #tagstagramers #tasty #tasty #yum #yummy #yumyum.

Fatta eccezione per il mal di testa appena condiviso, la predominanza di inglesismi e l’ordine alfabetico, questo è il frasario dell’odierno avventore. Un elenco di chiodi. Nessuna persona ha bisogno di comprare una scatola di chiodi. Nemmeno tu. Ciò di cui hai bisogno invece è avere in casa dei quadri appesi alle pareti. Il chiodo è solo il mezzo per arrivare a quella utilità.

Sono parole che fanno parte di un linguaggio al quale la ristorazione, anche la tua, si deve abituare.

Se “parlato” correttamente, questo linguaggio crea connessioni con i tuoi clienti. E con chi non sa ancora di esserlo. Innescare il desiderio e l’eccitazione intorno al tuo prodotto: questo è il tuo obiettivo. Lo so, rendere le cose semplici, interessanti, curiose è difficile. Ma lavorare sul tuo locale è importante tanto quanto lavorarci dentro.

Perché il tuo prodotto non è più il cibo ma il locale stesso.

Devi tornare a “sporcarti le mani”, ma non in cucina. Torna a fare il cliente. Misurati come misuri un tuo competitor. Usa lo stesso metro da sarto, la stessa altezzosità e la stessa pignoleria. Non darti delle scuse. «Lavoro guadagno pago pretendo». Aggiungi il tuo smartphone e una connessione ad Internet, condisci con una recensione oggettiva, e comincerai a capire cosa davvero non funziona.

Perché anche oggi i conti sembrano non tornare. Che sia il numero di scontrini, i contanti nel cassetto, ti muovi tra cifre che passano dal più al meno. E con la stessa velocità con cui un’adolescente passa da una App ad un’altra. Sono i numeri che ti guidano. Ma «ho 18 anni» e «sono maggiorenne» non hanno lo stesso significato. I numeri riducono e sono sempre giustificabili. Ma i numeri non sono dati. I dati sono elementi risultanti da indagini e utilizzati a determinati scopi.  Non dico che i numeri non siano importanti ma sono un guinzaglio molto corto. Fatti guidare dai dati non dai numeri.

Passo dopo passo, mattone dopo mattone, decidi cosa promettere ai tuoi clienti e mantieni le promesse che fai. E non limitarti ai tuoi «prodotti di qualità» o al «tratto bene i clienti». Anche se fece la storia della filmografia italiana la scena di Fracchia al ristorante «Gli incivili». Non siamo negli anni ‘80.

La promessa fatta al cliente racconta l’identità e i valori del tuo locale. Ma il tuo locale è fatto anche di persone. E quindi svela le identità e i valori delle persone che vi lavorano. Il cliente si accorge subito di un eventuale inganno, di una promessa non rispettata. Perché il cliente non compra quello vendi ma ciò in cui credi.

Quindi, scegli i tuoi compagni di viaggio con attenzione. Non serve elaborare nuove strategie. Fai scende dall’autobus le persone sbagliate, scorbutiche, lamentose. Metti le persone giuste al giusto posto.

Infine, punta alla specializzazione, perché non puoi accontentare tutti. Allargare l’offerta a dismisura è come cercare di indossare 5 completi. Contemporaneamente. Se è vero che il brand è come una persona, come ti vedrebbero gli altri? Indeciso? Esibizionista?

Forse, poco credibile.

Per questo, a volte, è utile insegnare ad un vecchio cane nuovi trucchi.

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