Il Franchising è una #BUFALA

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VERO

«No vabbeh! questo business spacca!1!!1!!» esclamò Gabbo dopo due mesi che aveva aperto la partita iva (in regime dei minimi) e fatturato circa €10.000. Ne aveva già parlato con i suoi amici (su Facebook) e la mamma e lo zio lo avevano confermato. Su Instagram aveva già 500 followers.

«Adesso devo sfruttare questa cosa e farmi i soldi!».

Le prime ricerche sono online, come sempre. Gabbo trova un paio di siti fighi che già raccontano un sacco di cose: 30 idee brillanti per fare impresa, 10 tipi di business che puoi creare dopo le 5 del pomeriggio, come diventare ricco in 21 giorni. Poi abbiamo i vari Guru del business startupparo, video tutorial, consigli gratuiti (???) su come far volare il tuo business, da Montemagno fino a Pistono. Ma nulla batte la fatidica telefonata a mio cugino, che ha studiato. «Beh, fai franchising, semplice. Chiedi le royalty e tu guadagni non lavorando. Non è difficile, poi online trovi tutto. Ci sono aziende che lo fanno di mestiere, ma costano. Guarda, ti do una mano io e pure a costo zero».

Gabbo non poteva credere alla sua fortuna. Tutto, qui e subito. Cosa si può volere di più?

Da buon figlio di Google e Wikipedia, con una ricerca veloce trova vari modelli e bozze da scaricare. Si imbatte persino in un sito che ti permette di compilare i vari campi del contratto online e “al resto pensiamo noi”.

Riempite le caselle e scaricato in versione word, insieme ai vari guru del marketing a disposizione online, il gioco è fatto. In breve tempo la sua partita iva, grazie alle fee d’ingresso, esce dal regime dei minimi. Si compra la macchina nuova e con le prime royalty si convince che, se dovesse rifatturare lui ciò che gli affiliati acquistano, guadagnerebbe ancora di più.

Grande Gabbo! Vai Gabbo! Sei un mito! intonano i cori dei sui amici su Facebook ogni volta che posta l’ennesima apertura “in franchising”.  Qualcuno non paga, ma una letterina dell’avvocato amico del cugino risolve tutto. «Anche perché i soldi me li devono, c’è scritto nel contratto».

Dopo circa 1 anno e mezzo, tra le lettere dell’avvocato copiaincollate dalla prima, e i soldi che cominciano a non entrare più con costanza, riceve una PEC.

Dallo Studio Legale Stampachiacchiere, Giuratrabocchetti & Associati. Dalla PEC al tribunale il passo fu breve: contratti nulli, millantati guadagni, multe dell’AGCOM, spese legali e soldi da rifondere a tutti coloro che avevano firmato il “modello di contratto”.

«Ma, Sig. Giudice, a me avevano detto che si faceva così…»

«Mi dispiace Sig. Gabbo. Dura lex sed lex»

FALSO

«Il tempo è galantuomo, me lo diceva sempre mio padre» pensò Cico, spegnendo il computer. Oggi i conti sono in ordine, l’azienda funziona e prospera. Sistemando la scrivania gli tornarono in mente i momenti bui, i fallimenti degli inizi, le scelte a volte sofferte di rinnovarsi per non fallire.

Adesso si sentiva pronto per “moltiplicare” il suo business. Il problema era il come.

Negli anni aveva sperimentato una serie di consulenti e professionisti, ormai sapeva come scegliere i suoi compagni di viaggio. Scartati rapidamente i “venditori di fuffa” e quelli dalle “soluzioni a costo zero”, gli rimasero una rosa di potenziali professionisti. Di questi solo uno gli fece una domanda diversa. «Mi perdoni se le do del tu, Cico, ma per moltiplicare il tuo modello di business, sai che esiste una formula commerciale che si chiama franchising? E che se dovessi scegliere questa formula, dovrai imparare un nuovo mestiere?»

Ecco, a questo non aveva pensato.

Non conosceva bene questa formula e quello che aveva sentito dire, a parte le grandi catene come IKEA, non erano belle parole. «Allora, facciamo così: prima di tutto cerchiamo di capire se il tuo business, per quanto sia di successo, sia replicabile con il modello del franchising e, soprattutto, a quali condizioni, sia per te che per i tuoi futuri partner».

Bene, questo era un approccio che sapeva riconoscere.

La prima fase fu più complessa di quanto si aspettasse. E non era un imprenditore di primo pelo. Cominciava a capire perché si era insistito tanto sul concetto di “imparare un nuovo mestiere”: ingegnerizzazione dei processi, suddivisione equa delle revenue, ricerca e sviluppo come obiettivo primario, una struttura aziendale che con il tempo avrebbe dovuto supportare questo nuovo percorso…  l’elenco delle cose da fare sembrava non finire più.

Erano passati già sei mesi dall’inizio dei lavori, compresi anche quei mesi in cui dovette mettere mano al suo modello e perfezionarlo per affrontare i futuri doveri che una casa madre si deve accollare. Gli sembrava di non venirne più a capo, ma la sua famiglia lo sosteneva. «Non ragionare da qui a due anni. È un investimento di medio-lungo termine, non una partita a rubamazzetto!» gli ricordava la sua compagna.

E i dieci anni sono passati. Con i suoi allenatori (così aveva ribattezzato i suoi consulenti) gestisce le piccole e grandi problematiche che si presentano, pranza con i suoi affiliati, impara cose nuove e continua a meravigliarsi del come sia arrivato fin lì.

«Il tempo è galantuomo» pensò Cico, E adesso sapeva cosa volesse dire davvero.

Stretta la soglia, larga la via, dite la vostra che io ho detto la mia.

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