Siamo ad inizio anno. È il 4 gennaio 2021 ed è la settemilionesima volta che devo correggere l’anno. Automatismi maledetti. Di solito impiego almeno un mese per ricordarmi di cambiare la data quando scrivo.
Buoni propositi per quest’anno? Nessuno, Almeno, nessuno nuovo.
Da almeno un decennio, per evitare la frustrazione delle classiche promesse da baci Perugina, mi creo un proposito che duri fino al 31 dicembre. Tipo, prometto che fino al 31 dicembre farò di tutto per non farmi arrestare… o rinchiudere. Insomma, obiettivi semplici e soprattutto statisticamente raggiungibili.
Una cosa però non manco di fare: l’elenco di cosa mi porto a casa dall’anno appena passato.
Cominciamo. In ordine sparso
Ho scoperto che in Cina esiste una città di nome Wuhan. E che agli italiani le penne lisce non piacciono. Magari è un incipit utile anche ai produttori. Ho contato più jogger in Lombardia che alla maratona di New York e che l’affitto dei cani per le passeggiate in periodi di limitazioni è un business interessante.
Ho dovuto rivalutare la capacità organizzativa degli italiani, specialmente se scappa dal cellulare di qualcuno l’informazione che il giorno dopo la città viene “chiusa” sia in entrata che in uscita. E ho accettato, con ghigno amaro, che le polarizzazioni (e di questo avevo già scritto) sono diventate le nuove normalità e che la parola normalità, alla fine, è un semplice sostantivo.
Rimpiango di non aver collezionato tutti i DPCM e le relative autocertificazioni. Sarebbe stato da lasciare ai posteri, ma sono sicura che qualcuno, più lungimirante di me abbia già approntato la raccolta.
Penso alla fortuna che ho avuto in questo strano 2020, di vivere in un paese così poliedrico, tutti costituzionalisti, poi virologi, poi ricercatori, poi esperti di cybersecurity e di trattamento dei dati. Fantastico.
Ho scoperto che la nostra salute e la salute del nostro paese ha un valore ben preciso: 150€ di cash-back e relative code ammassati per entrare nei negozi. E che gli anziani non fanno parte dello sforzo produttivo del Paese … e quindi mi chiedo a che serve Mattarella.
Ho avuto anche conferma che, sotto sotto, abbiamo un cuore d’oro, grande come la Spesa sospesa. E che, nelle difficoltà, ci sono sempre eroi della quotidianità, dagli infermieri e medici negli ospedali e fuori, a coloro che, senza postarlo o condividerlo, aiutano gli altri, siano essi a due o a quattro zampe.
Ah, anche io penso che Lukashenko, dopo 26 anni di regime, debba essere spintanemente allontanato dalla sua attuale occupazione. Possiamo prestargli noi i cantieri da andare a vedere, da buon pensionato.
Putin ha confermato le mie attese: è riuscito a far approvare una riforma costituzionale che lo terrà in carica per altri 16 anni. Insomma, a vita. Vuoi vedere che Conte…. No vabbè, poverino. Bastano gli echi del tweet di gattomortoTrump che si congratulava con Giuseppi. E quando se lo toglie più di dosso.
Per non parlare della situazione di Hong Kong. Meno male che a Natale o a Capodanno non sono venuti in casa i Carabinieri a chiedere se i miei gatti erano congiunti o congiuntivi.
Ah, lo sapevate che l’Azerbaijan ha invaso l’Armenia? 45 giorni di guerra e nessuno che si è indiNNiato (alla maniera dei complottisti). Grande delusione, poi, la modalità di gestione e attribuzione dei Premi Nobel. Se nel 2019 ti do il Nobel per la pace (intendo al presidente dell’Etiopia, Abiy Ahmed) e tu l’anno dopo mi lanci un’offensiva armata contro la regione dissidente del Tigray creando circa 50mila profughi, perché non te lo posso togliere?
Penso all’incendio in California che ha distrutto un’area forestale grande quanto l’Umbria o agli oltre 30mila incendi in Amazzonia, che hanno trasformato il 40% del polmone del pianeta in savana. Penso al caldo di questa estate, e a quanto vicini siamo al punto di non ritorno fissato dagli Accordi di Parigi sui cambiamenti climatici.
Con il senno del poi, che è una scienza esatta, riguardando al 2020 mi sembra di essere finita in una playlist degli anni 80. Una collezione di video che oggi definiremmo distopici. Da Down Under dei Men at Work, passando per We Built This City degli Starship di cui non ho mai capito la frase Marconi plays the mamba.
Caro anno che è passato, a parte che questo giro potevi andarci più leggero, ti ringrazio comunque di non aver assistito alle lezioni sui banchi a rotelle o al ritrovamento dei congiuntivi persi da Di Maio.
Penso però di aver capito la tua lezione più vera: nell’era dell’informazione, l’ignoranza è una scelta.