Questo è uno di quegli articoli che proprio non volevo scrivere.
Giornali, telegiornali, social: ogni canale possibile ci sta proponendo titoloni acchiappa audience (mi sembra di rivedere la propaganda Hitleriana) che fanno leva sulla nostra paura dell’ignoto. Eh, già, perché il problema sta lì: non sapevamo nulla di questo nuovo virus (nuovo per noi, gli animali ci convivono da un bel po’), anche adesso che lo stiamo studiando e “mappando”, mancano dei pezzi (e mi meraviglierei del contrario, non siamo i detentori del sapere assoluto, non lo sono i medici e i ricercatori, cerchiamo di essere sinceri almeno con noi stessi) e, toh, guarda un po’… si muore. A dispetto del nostro senso di immortalità a cui ci ha abituato la moderna medicina.
Un nemico sconosciuto? Potenzialmente letale? Si, ma tanto colpisce solo gli anziani. Falso. Colpisce anche i bambini di 5 anni, muoiono 30enni e 40enni, oltre ad aver falcidiato la nostra memoria storica, i nostri nonni, i nostri genitori. Inoltre i dati non sono ancora certi, come in tutte le pandemie, i dati iniziali sono sempre un caos.
La Fase 1, il lock-down, non è stata una scelta facile, ma è stata una scelta necessaria. Accolta con plauso da tutti, cittadini compresi. Abbiamo condannando l’esodo di massa da Milano prima che venisse chiusa (e ci mancherebbe altro, la tutela della salute prima di tutto) tutti dalla parte della responsabilità (a parole). Giuro, ero fiera di vedere riemergere i valori fondanti di una società. Ma è durato il tempo necessario per il versamento dell’IVA. Non possiamo lavorare, come paghiamo l’IVA? Vi riporto la circolare della mia commercialista: «Inoltre, i debiti in scadenza oggi (16.03.2020) sono stati maturati in passato. Se l’impresa non ha a disposizione il denaro per farvi fronte, è una anomalia nonché il segnale che le risorse finanziarie non vengono gestite con la dovuta accortezza.».
In quella frase ho trovato riassunto in modo esemplare la divisione di approccio che era già emersa chiacchierando con diversi miei clienti. Lavorando principalmente nel mondo del franchising (ma non solo), quando era evidente che la situazione non si sarebbe risolta a tarallucci e vino, molti ci hanno contattato con una semplice domanda: e adesso che faccio? Ristorazione, servizi, retail, nessuno escluso.
Vexata quaestio. Chi si era affidato a noi ha tirato fuori dal cilindro una serie di scenari che avevamo già affrontato. Un po’ in corsa, ma con una mappa da seguire, abbiamo delineato una tattica liquida. Parlo di tattica perché la strategia l’avevamo già stilata, conteggiando due fattori che nessuno mette sul piatto: il Caso e il Governo. Al tempo mi diedero della folle, ora …
Chi ha approfittato dei primi sentori per chiudere accordi con i vari servizi di Delivery (che hanno rapidamente aumentato il costo del loro servizio, ma chi ha un minimo di visione che supera i 5 minuti lo avrebbe immaginato, specialmente in Italia). Con altri abbiamo anticipato determinate scelte, spostandole in ordine di priorità. In alcuni casi, conti alla mano, si è optato per tutelare prima di tutto gli affiliati, sospendendo una serie di elementi e, per chi poteva, aiutandoli economicamente con un supporto virtuoso. Certo, non a fondo perduto, ma correttamente bilanciato per il rientro.
Altri brand, sempre in franchising, ma non nostri clienti, si sono mossi molto bene, specialmente quelli un po’ strutturati (e non sto parlano di numero di affiliati ma di struttura aziendale), dimostrando che il modello franchising, se seguito nei suoi principi fondanti, funziona e tiene meglio nei momenti di crisi (come successe già nel 2008).
Agli «altri» abbiamo detto sostanzialmente la stessa cosa: sospendete le royalty, assicuratevi che i vostri affiliati siano al sicuro, che stiano bene, ascoltateli, chiamateli tutti i giorni. Se il vostro modello lo prevede, usate l’e-Commerce, se non lo avete questo è il momento di farlo (mannaggia a voi, mannaggia). Non siate silenziosi, usate il vostro CRM, fate vedere i vostri prodotti con le videochiamate e usate il metodo Zalando. Smart-working o telelavoro per le case madri, stesso per gli affiliati.
Se il vostro prodotto può essere utile in questo momento, mettetevi al servizio della comunità, usate questo impatto per far sapere al mondo che ci siete. E che #weareinthistogether.
«Ma noi siamo nei servizi». Perché, io riparo pistoni? Lo siamo anche noi, ma non mi sembra che tu non stia usufruendo dei nostri servizi, quelli stessi che avevi rifiutato dicendo ma Tizio me lo fa a meno. Bene, dov’è Tizio ora? Perché non la stai facendo con lui la call su Zoom che ti ho chiesto mille volte di non fare perché in termini di privacy e sicurezza è peggio del formaggio groviera?
«Ma a me le royalty servono». Perché, la tua struttura vive esclusivamente mese per mese con quello che gli affiliati ti riconoscono? Che servizi continuativi gli stai fornendo per giustificare una qualsiasi richiesta economica? Il Decreto Legge Cura Italia riconosce espressamente la rilevanza delle misure di contenimento del virus covid-19, quale possibile causa di esclusione della responsabilità del debitore. Dai, sono i tuoi affiliati, sono una tua responsabilità. O almeno dovrebbero esserlo.
«È colpa del governo che mi ha fatto chiudere e non ho i soldi per pagarti le fatture». Eh no! Qui non ci sto. Darwinismo sociale quando le cose vanno bene ed eteronomia quando vanno male? No, è colpa tua che non hai saputo gestire le tue risorse finanziarie. Anche noi abbiamo costi fissi, tutti li hanno. E abbiamo anche progetti, per i quali abbiamo pianificato le uscite senza basarci sui rientri.
Questa situazione ha reso manifesta la polarizzazione dell’approccio che le aziende hanno nelle loro corde. Mi ricollego ad un articolo che scrissi a novembre, in tempi non sospetti, dal titolo A che gioco stai giocando? In quell’articolo presentavo la differenza tra un’azienda con un mindset finito ed una azienda con un mindset infinto. Se non lo avete letto questa è l’occasione per farlo. Che siano delle franchise o meno, alcune ce la faranno, magari un po’ ammaccate, ma salde nel loro cuore. Altre spariranno perché faranno di tutto per ripristinare la loro normalità
Oggi, mentre finisco di scrivere questo articolo, è il 4 maggio 2020. Il primo giorno della Fase 2A (e sì, me li leggo i DPCM). Abbiamo deciso di continuare in smart-working. Non so cosa succederà da qui ad una settimana, perché se è vero che non si può prevedere il comportamento del singolo individuo si può predire il comportamento della massa.
So solo che Il cambiamento non porta sempre crescita, ma non c’è crescita senza cambiamento.